I droni hanno rivoluzionato diversi settori come ricerca e salvataggio, attività investigative e intelligence grazie alle loro capacità di volo, telecamere e sensori avanzati. Questi dispositivi consentono di esplorare aree spesso inaccessibili per gli esseri umani. Nei casi di emergenza, i droni raggiungono rapidamente le zone colpite da disastri naturali, individuando sopravvissuti e facilitando le operazioni di soccorso. I droni possono anche controllare aree a rischio, rilevando attività sospette e contribuendo a indagini di sicurezza. Nell’ambito dell’intelligence, i droni offrono una preziosa raccolta di informazioni, sorvegliando confini e individuando potenziali minacce.
Giuseppe Arpaia, esperto nei settori della protezione di infrastrutture critiche e della sorveglianza elettronica, ha parlato a DronespectreMag di come i droni possono essere preziosi strumenti nello svolgimento di queste attività, svelando anche i rischi e le sfide legate al loro utilizzo.
In che modo i droni possono essere utilizzati nelle attività di ricerca e salvataggio? Quali vantaggi offrono rispetto ai metodi tradizionali e in quali situazioni risultano particolarmente utili?
«Così come abbiamo visto durante la conference del Tecnopolo, noi stiamo lavorando sulle attività di ricerca e salvataggio in aree di operazioni che sono distanti dal campo base, cioè distanti dalla zona alla quale si può arrivare tramite i normali mezzi di terra. Ecco perché utilizziamo un drone che è in grado di fare voli BVLOS – voli beyond visual line of sight – e in particolare il drone che abbiamo presentato nel corso del Tecnopolo, che è il drone di produzione tedesca Songbird. Questo drone è in grado di volare fino a 100 km di legge, permettendo di coprire anche delle aree abbastanza estese e distanti dalla zona di coordinamento, di comando e controllo. L’uso di questo drone è destinato a due tipologie di attività: attività di prevenzione, come la lotta agli incendi, il controllo del territorio, delle valanghe e così via, e attività di intervento nel settore della ricerca e del salvataggio.
Ciò che viene in mente subito per questa tipologia di attività è l’uso di sensori elettro ottici. Parliamo di telecamere che operano sia nel visibile che nell’infrarosso. Per questa tipologia di attività esistono dei gimbal, cioè delle telecamere brandeggiabili, che si installano sotto la fusoliera del drone. I gimbal hanno un doppio sensore, consentendo sia di lavorare nella frequenza del visibile e raggiungere degli ingrandimenti notevoli di 30 volte, sia di lavorare nelle frequenze dell’infrarosso.
La novità che noi abbiamo introdotto è quella di utilizzare un apparato che in gergo si chiama IMSI Catcher. È un apparato che viene utilizzato per catturare le identità delle SIM Card e dei telefoni cellulari. L’IMSI è il codice identificativo della SIM Card e l’IMEI è il codice identificativo del telefono cellulare. La cattura avviene in modalità attiva. L’apparato che è a bordo del drone emula una stazione radio base. Questo rappresenta un vantaggio, perché forza il telefono cellulare a collegarsi con questa stazione “finta”, anziché collegarsi con una stazione radio base reale. Quando l’apparato a bordo del drone ha individuato tutte le utenze che sono nell’area di operazione, si cerca di capire qual è realmente l’utenza di interesse. A questo punto quell’utenza viene posta sotto il controllo dell’apparato di bordo, consentendo di localizzare il telefono cellulare con una precisione di circa venti metri. Dopodiché, se ci sono delle forze di terra che sono dotate dello stesso dispositivo, possono individuare il telefono cellulare con un’accuratezza puntuale. Dopo aver messo sotto controllo i telefoni della zona di operazione, questa stazione radio base può anche inviare degli SMS a utenze singole oppure dei messaggi collettivi di allerta o coordinamento delle operazioni.
Parliamo di un sistema duale, che ha sia impieghi civili che impieghi di intelligence o di investigazione per quanto riguarda le forze di polizia. Ad esempio, le forze di polizia possono utilizzare questi dispositivi per una ricerca latitanti, per localizzare un’utenza in una determinata area. Invece, per quanto riguarda gli impieghi di ricerca e salvataggio, ad esempio se un disperso si trova in montagna ed ha il telefono acceso, il telefono può essere “catturato”, messo sotto controllo, e poi localizzato. Non c’è bisogno che il telefono sia collegato alla rete. Anzi, se il telefono non è collegato alla rete è ancora meglio».
Quali sono le principali sfide affrontate nello sviluppo e nell’utilizzo di UAV per attività di salvataggio e ricerca? Quali soluzioni come azienda sono state adottate per affrontare tali sfide?
«Il problema principale di questi dispositivi è che, installati a bordo di un drone, possono causare delle interferenze con i sensori che il drone utilizza per la navigazione e per il controllo remoto. Ogni drone ha bisogno di conoscere la sua posizione per la parte di navigazione autonoma, ma anche per la stabilizzazione. Normalmente utilizza un sensore di posizione GPS, che serve non solo a stabilire dove si trova effettivamente il drone, ma anche a consentirne la stabilizzazione. Questo permette di correggere il fattore evento: se il drone si sposta a causa del vento, il sistema di autopilota riconosce che il drone si sta spostando e ne corregge la rotta.
In caso di interferenze sul GPS, a meno che il drone non sia dotato di un sistema di navigazione autonoma, se il drone sta volando in modo automatico se ne perde il controllo. L’alternativa è volare in modo manuale, cioè prendere il controllo manuale del drone. Per prendere il controllo manuale del drone bisogna essere in collegamento con il drone via telemetria e via comando e controllo. Ma se ci sono delle interferenze, tutte queste attività sono precluse.
Noi abbiamo fatto diverse campagne di prova e inizialmente i problemi più grandi che abbiamo incontrato sono stati proprio quelli delle interferenze sui sensori di bordo dedicati al controllo remoto e alla determinazione della posizione. Una volta abbiamo perso il controllo del drone, ma per fortuna avevamo un sistema di backup di controllo manuale e quindi siamo riusciti a portarlo a terra in maniera manuale.
Queste interferenze ci sono perché l’IMSI Catcher deve essere in contatto con il drone e quindi deve trasmettere come se fosse una stazione radio base della telefonia mobile – quelle che noi vediamo normalmente sui tralicci o sulle abitazioni e che forniscono segnali al nostro telefono cellulare. Quando si parla al telefono, il telefono è agganciato a una stazione radio base e comunica con questa stazione radio base. Ecco, il drone deve svolgere le stesse funzioni. Deve avere una parte in ricezione per ricevere i segnali dal telefono cellulare e una parte di trasmissione per inviare segnali al telefono cellulare. In questo deve emulare naturalmente tutte le possibili reti mobili, cioè 2G, 3G e 4G, e quindi trasmettere anche con una potenza piuttosto alta, perché deve presentarsi al telefono cellulare come una stazione radio base che ha una potenza migliore di quelle delle stazioni radio base che sono nei dintorni».
In che modo i droni supportano le attività investigative e di intelligence? Può fornirci alcuni esempi concreti di come abbiano contribuito a migliorare l’efficienza di tali operazioni?
«Le forze di polizia possono utilizzare questi apparati per scoprire delle utenze telefoniche che sono registrate, ad esempio, sotto falso nome. Supponiamo che si voglia mettere sotto controllo il telefono cellulare di un individuo e passarne i dati all’operatore telefonico per poterne intercettare le conversazioni. Si chiede ai vari operatori Tim, Vodafone, Wind eccetera: “Mi dite che numero di telefono ha Mario Rossi? È registrato sulla vostra rete?”. L’operatore mi dirà: “Mario Rossi ha il numero 33985xxxxx”. Però, Mario Rossi potrebbe non star utilizzando un’utenza telefonica a lui intestata. Potrebbe, ad esempio, star utilizzando un’utenza intestata a una persona di sua conoscenza o una persona qualunque che gli ha fatto da prestanome. A questo punto non si sa quali dati passare all’operatore telefonico, quindi si segue Mario Rossi, si catturano tutte le utenze telefoniche in una certa area, dopodiché ci si sposta insieme al target in un’altra area, si catturano di nuovo tutte le utenze telefoniche nella seconda area, e infine si fa un confronto. Mario Rossi deve essere in entrambe le acquisizioni perché era in entrambi i luoghi. In questo modo, si può isolare l’utenza telefonica di Mario Rossi.
Attraverso il sistema di IMSI Catcher si possono mandare anche degli SMS o fare delle chiamate con un numero qualunque e verificare che effettivamente quell’utenza telefonica appartenga a Mario Rossi. A quel punto i dati catturati, cioè l’identità della SIM Card o del telefono, si possono passare all’operatore telefonico per porre sotto intercettazione l’utenza.
Altrimenti, per esempio, se si sa che un latitante comunica con una persona, si scoprono i dati della sua utenza telefonica e si conosce più o meno l’area in cui si muove, a quel punto si manda il sistema – un sistema di prossimità, parliamo di un sistema tattico con un range di circa 1 km – nell’area, per catturare e localizzare l’utenza.
Nel caso della ricerca di un latitante, localizzare esattamente l’utenza può aiutare a catturarlo. Questa è un’applicazione di polizia. Invece, se immaginiamo persone disperse in una certa area, come nel caso dell’alluvione, il drone può aiutare a verificare quante utenze sono attive e a localizzarle per poter inviare dei soccorsi. La maggior parte delle operazioni svolte dai volontari della protezione civile sono di ricerca di persone che per esempio si sono addentrate in un bosco e poi si sono perse. Invece di mandare delle forze di terra in un’area molto vasta per poterle cercare, si può mandare il drone e cercare di trovare l’utenza telefonica appartenente a quella persona e di localizzarla».
Potrebbe spiegarci come i droni vengono impiegati per rilevare e prevenire attività sospette o minacce di atti terroristici?
«Se si sa da informazioni di investigazione o informazioni di intelligence che in un appartamento o in una villa ci potrebbe essere un covo terroristico, si cerca di capire dall’esterno quali sono le utenze telefoniche in quel possibile covo. Una volta individuate le utenze telefoniche, si mettono sotto controllo per verificare esattamente se quelle persone sono terroristi o se l’informazione è sbagliata. Questi dispositivi sono quindi molto utilizzati nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata».
Quali sono i vantaggi dell’uso dei droni per la creazione di mappe topografiche ad alta risoluzione? In che modo viene utilizzata questa tecnologia per fornire mappe accurate e dettagliate per scopi specifici?
«Il drone può anche essere utilizzato per la mappatura del territorio, per fare mappe topografiche. In questo caso si crea un percorso per il drone, un profilo di volo, in modo da coprire con il sensore tutto il territorio da mappare. Il profilo di volo sarà come una serpentina: il drone va avanti, poi torna indietro, poi va avanti.
Queste tratte sono fatte in modo tale da avere una copertura con sensore di bordo. Normalmente il sensore di bordo è una macchina fotografica ad alta risoluzione che scatta una serie di foto georeferenziate. Bisogna avere un sistema di georeferenziazione molto accurato – un sistema GPS RTK – per poter poi georeferenziare le immagini scattate. Partendo da queste immagini, si esegue poi una ricostruzione topografica del territorio in post elaborazione. Questo consente, per esempio, di costruire dei modelli del territorio, di costruire dei modelli per un sito archeologico, oppure di fare la topografia di un territorio che deve essere urbanizzato. L’importante non è solo il drone col sensore fotografico ad alta risoluzione, ma anche la parte di post elaborazione.
Questo avviene anche, ad esempio, con le telecamere multispettrali, come abbiamo visto nella conference. Con le telecamere multispettrali, per alcuni tipi di frequenze, si possono vedere cose che non si possono vedere ad occhio nudo. Con una telecamera multispettrale, si può anche valutare qual è lo stato di una cultura. Si può capire se le piante sono in sofferenza, se hanno bisogno di acqua, se sono state aggredite da insetti. Anche in questo caso lo stesso dispositivo si può utilizzare per un’applicazione di polizia. Si può distinguere se il drone sta sorvolando una piantagione di grano o una di cannabis, perché l’emissione spettrale della pianta di cannabis ha delle particolarità a certe frequenze. Il sensore multispettrale si tara per quella emissione, consentendo di distinguere dall’alto se ci sono piantagioni di cannabis».

Giuseppe Arpaia è stato ufficiale dell’Aeronautica Militare per i primi 20 anni della sua carriera lavorativa, ricoprendo il ruolo di direttore tecnico nel reparto sperimentale di volo. Dal 1999 al 2018, ha prestato servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri come dirigente nel settore delle tecnologie. Dal 2018 esercita l’attività privata come ingegnere nel settore della sicurezza e dell’intelligence. Inoltre, ricopre il ruolo di responsabile del settore della ricerca e sviluppo presso Horus Technology.
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