Si parla sempre più di Advanced Air Mobility (AAM), delineandola come il futuro del mondo dei trasporti, in grado di rivoluzionare la situazione attuale e di rendere gli spostamenti, le consegne, le esperienze sempre più smart. Questa tipologia di evoluzione necessita di essere accompagnata sotto vari aspetti, da quello tecnico a quello normativo, passando per quello sociale e strutturale. In tal senso, progettare delle strutture che possano accogliere queste nuove tipologie di mezzi, come i droni elettrici, è parte del processo. E pensare di mettere in piedi un vertiporto senza dare valore alla sua estetica, alla sua interconnessione con il tessuto urbano, alla sua valenza sociale è impossibile. Lo sanno bene gli architetti del Giancarlo Zema Design Group (GZDG), studio di architettura innovativo a Roma, specializzato in progetti smart ecosostenibili, strutture architettoniche semisommerse, habitat galleggianti, yacht e interior design. Abbiamo avuto il piacere di intervistare sul tema dei vertiporti e della Mobilità Aerea Avanzata l’architetto e imprenditore Giancarlo Zema, founder del gruppo.
Cosa significa, da un punto di vista architettonico, progettare un vertiporto?
«Il tema del vertiporto è complesso e in continua evoluzione. Ancora si attendono una serie di normative anche nel campo dell’architettura e dell’ingegneria per questo tipo di strutture; quindi, al momento, ci stiamo basando su quelle che sono le norme generali per l’architettura aeroportuale.
Siamo coinvolti nella progettualità di un vertiporto in Cina con EHang che è, insieme a Volocopter, uno dei più grandi costruttori di droni passeggeri, anche a guida autonoma, già attivi da diversi anni. L’idea era quella di sviluppare un turismo aereo sostenibile con questi droni elettrici, soprattutto nelle aree protette e nelle riserve naturali. La necessità era realizzare dei vertiporti che potessero occupare meno suolo possibile a terra e svilupparsi in altezza. Nel mio immaginario questi droni sono come dei grandi uccelli tecnologici, capaci di volare e di ricaricarsi, posandosi da un albero all’altro. Da qui è nato il progetto Baobab, il cui nome richiama i grandi alberi delle riserve africane.


È caratterizzato da un attacco a terra ridotto e da questa torre che si sviluppa per 30 metri in altezza e si apre verso la chioma, in cui si troverà la welcome area, punti ristoro e di preparazione al volo, perché salire su un drone passeggeri non è come andare su un aereo, c’è un contatto con il mezzo molto particolare e le persone vanno preparate a vivere un’esperienza di volo di questo tipo. L’idea della torre è utile per abituare le persone ad una certa altezza, creando delle aree di dialogo, di formazione. Permette poi di raggiungere il tetto giardino, con un ascensore telescopico, dove ci sono i droni già pronti per il decollo in ricarica.

Il progetto prevede una pista di atterraggio realizzata con pannelli fotovoltaici carrabili, in grado di generare energia dal sole e ricaricare i droni in modalità wireless. È stato realizzato in collaborazione con eVertiSKY, società che abbiamo fondato a Chicago, specializzata nella progettazione e gestione di vertiporti. È fortemente sostenibile anche nei materiali: strutture in acciaio, rivestimenti in legno lamellare, l’idea del verde che sale dalla parte bassa, ma che si ripercuote anche sul tetto giardino. Abbiamo cercato di realizzare un progetto emozionale che però, in qualche modo, riducesse anche il consumo per la climatizzazione grazie all’effetto camino, con cui si crea una microventilazione naturale dal basso verso l’alto».
Come si affronta la sfida dell’integrazione all’interno del tessuto urbano ed extra-urbano, e come nello spazio aereo (traffico AAM e aviazione tradizionale)?
«Nel caso di Baobab il problema dell’integrazione urbana non si è posto perché si tratta di una struttura pensata per un contesto particolare, come quello dei parchi naturali, quindi abbiamo studiato più l’integrazione nella natura. Stesso dicasi per il progetto Hamamelis, realizzato per gli Emirati Arabi. Si tratta di progetto con una superficie più ampia da posizionare sull’acqua, con il primario interesse di proteggere i velivoli dalle raffiche di vento. Un progetto molto affascinante, cangiante, perché utilizzando pannelli di copertura in alluminio e titanio questi generano degli effetti cromatici diversi in base alle ore del giorno.
Al momento ci siamo confrontati con queste due realtà, quindi in Cina e Emirati Arabi dove non si hanno città molto storicizzate, ma è tutto uno skyline estremamente moderno. Cosa ben diversa sarà poi integrare i vertiporti all’interno, per esempio, di Paesi come l’Italia e l’Europa, in generale, dove abbiamo un tessuto storico ben più definito. Probabilmente si sta immaginando di sfruttare i parcheggi multipiano o comunque aree nelle quali ci sia uno spazio aereo sufficiente.



I progetti andranno modulati e accordati con EASA, ENAC ed ENAV, ci sarà un manuale generale di progettazione e utilizzo che sarà molto simile a quello che attualmente si ha per gli eliporti. Ad ogni modo noi progettisti subentriamo solo quando la governance e le autorità hanno già selezionato le aree prestabilite, già oggetto di test, con la creazione specifica del vertiporto per immaginare e armonizzare il dialogo tra le persone e i mezzi.
A mio avviso è sciocco pensare che un vertiporto sia identico a un aeroporto, sono simili ma devono essere diversi, si tratta di un’esperienza di viaggio molto particolare e questo va riconosciuto. Per questo motivo ci stiamo muovendo su questa nuova tipologia di architetture. In generale, il nostro core business è progettare architetture in grado di emulare le forme e le funzioni della natura, quindi cercare di ottenere energia da superfici esposte al vento o al sole, utilizzare tutta una serie di arredi per smart city per arricchire il contesto del vertiporto, creare, all’interno, aree relax, aree di ristoro, aree di attesa, aree per la formazione che siano delle esperienze da vivere in continuo contatto con la natura, da qui l’idea delle aree di attesa come grandi giardini».
Riuso di spazi che vanno in desuetudine: quali sono i punti salienti del progetto EdiKO / HubKO?
«Si tratta di un progetto molto interessante, perché è una vera e propria operazione sociale. Nel tema dei droni è molto importante lavorare sull’architettura per creare anche un’accettazione sociale nei confronti dei futuri fruitori di questo tipo di mezzi.
Nel caso delle edicole tradizionali che, purtroppo, stanno morendo, ci è stato chiesto di lavorare per trasformarle in hub digitali: le abbiamo ripensate in chiave moderna con l’utilizzo di materiali riciclabili, del fotovoltaico sulla copertura. È un hub, un punto informativo, di scambio e, ovviamente, il luogo dove acquistare il giornale!
Ma fondamentalmente quello che si venderà saranno le esperienze di viaggio legate al turismo, cioè l’idea è quella di posizionare degli EdiKO o HubKO in base alla funzionalità, da cui avere delle revenue attraverso le pubblicità, che potrà essere mandata in rotazione sulle superfici led che ci sono sul perimetro configurate come grandi display sociali a grandissima efficienza e a bassi consumi, capaci di creare spazi da utilizzare per scopi pubblicitari o per la comunicazione delle attività governative alla comunità.


Poi, all’interno di questi hub di SmartKO si possono fare innumerevoli attività: servizi bancari, postali, anagrafici, ma possono essere anche il luogo dove il turista può creare il proprio percorso di viaggio all’interno delle principali città italiane e, contemporaneamente, acquistare, tramite i display, tutti i biglietti necessari per andare a visitare i monumenti, fare visite guidate, per teatri, cinema o quant’altro. E, magari, per raggiungere questi luoghi può decidere di usare un mezzo elettrico che troverà in ricarica direttamente nell’hub. Si potrà lavorare anche molto sul marketing offrendo scontistiche e pacchetti per visitare la città da diversi punti di vista.
Poi, ovviamente, ci sarà il drone sul tetto di EdiKO / HubKO. Per la messa in esercizio di questo mezzo di video controllo attendiamo le normative(UAM), ma lo immaginiamo come uno strumento a servizio delle forze dell’ordine per avere una polizia di quartiere sempre pronta a intervenire: il drone, infatti, è connesso h24 con le forze dell’ordine, può partire in qualsiasi momento, ha la telecamera infrarossi in HD e, addirittura, il riconoscimento facciale.

Queste edicole sono già collocate nei centri nevralgici delle nostre città, in contesti urbani dove spesso è difficile arrivare con i mezzi delle forze dell’ordine; quindi, un drone del genere potrebbe essere veramente un valido strumento di aiuto e controllo per il benessere dei cittadini. Questo è soltanto uno degli utilizzi, ma le possibilità sono assolutamente infinite, soprattutto se si considera che, ad esempio, queste edicole digitali avranno degli upgrade settimanali/mensili a livello di software. Facendo una stima delle revenue che si possono ottenere da un’evoluzione del genere della struttura edicola tradizionale, arriviamo a parlare anche di 40.000 € l’anno».
Rimanendo in tema di sicurezza urbana con i droni, cosa ci può dire del progetto VertiKO?
«Rimanendo sul tema della sicurezza di quartiere per il video controllo di aree urbane, parchi, aree residenziali o commerciali sempre con SmartKO abbiamo progettato VertiKO. Si tratta di piccoli verti-stop su pali smart in grado di accogliere, proteggere e ricaricare droni di video controllo. Il drone rimane protetto da neve e pioggia, si ricarica in modalità wireless, parte a intervalli di tempo definiti dall’utente e segue un percorso prestabilito, rilevando grazie alla telecamera HD ad infrarossi e al software specifico, anomalie o problematiche che riporta in tempo reale alla centrale di controllo delle forze dell’ordine. Un elemento di arredo urbano utile per le città smart del futuro».


Parliamo di un altro progetto: le Green Islands di ANAS
«Sempre in tema di infrastrutture “green” abbiamo progettato per ANAS lo Smart Road Center di Roma e stiamo lavorando, insieme ad ANAS, alla realizzazione delle Green Island, stazioni di ricarica per auto elettriche e data center che permettono di controllare tutti i dati delle smart roads che si stanno realizzando piano piano sulle tratte autostradali italiane.


La prima la stiamo realizzando sulla Salerno Reggio Calabria e la tecnologia verrà poi aggiornata con l’utilizzo di droni. Dietro a questo progetto c’è la volontà di realizzare delle stazioni che siano ecostostenibili, ma anche belle da vedere. Ecco perché sono state pensate come delle opere d’arte, strutture emozionali che si ispirano alla natura. E stiamo ricevendo riscontri importanti: finanziamenti europei, vincita di premi internazionali».
Prospettive future?
«Tutti abbiamo capito che il futuro sarà questa nuova mobilità aerea, lo urban air mobility avanzato (UAM/AAM) sarà una risorsa da sfruttare. È una sfida importante. Personalmente, vedo il servizio taxi più adatto sulle lunghe distanze, in Paesi extraeuropei come gli Emirati Arabi dove è necessario spostarsi da una zona all’altra e, nel mezzo, c’è il deserto. Più difficilmente vedo un servizio del genere adatto a città italiane o europee dove è importante stare attenti a non creare inquinamento visivo nei cieli e dove esistono già splendide navette funzionanti ed elettriche che possono portare ad ogni viaggio un grande numero di persone, invece delle due/quattro che potrebbe trasportare un drone.
Punterei più sul turismo aereo finalizzato a far scoprire ad una nuova categoria di turisti, giovani e più tecnologicamente avanzati, quella che è l’Italia vista dall’alto. Questa è la grande sfida del futuro: si possono creare percorsi, corridoi aerei prestabiliti, studiati per non disturbare la quiete pubblica, la natura e regalare delle vere e proprie esperienze di viaggio. Questo potrebbe rilanciare il nostro Paese in maniera significativa.
Disponiamo di gran parte dei patrimoni Unesco ma andrebbero rivalutati per cercare di attrarre un turismo più giovane. Come? Calando la tecnologia più pioneristica nel nostro territorio, nella nostra cultura, regalando un’esperienza incredibile che ci renderà unici in tutto il mondo, soprattutto considerando che all’interno dell’abitacolo, per esempio, si potrà effettuare un virtual tour da cui vedere in tempo reale quello che stiamo sorvolando ricostruito tridimensionalmente. Questo ci distinguerà profondamente da altri Paesi che potranno sì avere il drone, ma mai il nostro patrimonio Unesco.


Giocando sull’interconnessione, dobbiamo puntare ad aumentare la permanenza dei turisti nel nostro Paese perché, aumentarla di un solo giorno, vuol dire aumentare di diversi milioni di euro il fatturato a fine anno del sistema paese. La stessa cosa va fatta con i vertiporti: l’esperienza di volo non deve finire quando si atterra, ma deve continuare nel tempo, diventando esperienza di viaggio, deve essere sostenuta e promossa. Purtroppo, c’è ancora tanta miopia in merito, si concentrano tutti sul risparmio, quando in realtà il trucco è investire sull’innovazione per guadagnare di più. Il Paese deve tornare di nuovo a crescere. Non possiamo sempre seguire o inseguire, dobbiamo tornare ad essere protagonisti nel mondo».

Giancarlo Zema, nato a Roma nel 1973, si è laureato presso la Facoltà di Architettura di Roma “La Sapienza” con il Prof. Arch. Giovanni Zuccon, uno dei più importanti architetti navali a livello internazionale. Dopo aver collaborato con diverse aziende internazionali, nel 2001 ha fondato a Roma il Giancarlo Zema Design Group (GZDG), uno studio di architettura innovativo specializzato in progetti smart ecosostenibili, habitat galleggianti, yacht e interior design, nonché in strutture architettoniche semisommerse. Il suo lavoro include straordinari hotel e progetti di resort sull’acqua in Qatar ed Emirati Arabi, ponti pedonali in Bahrain, impianti sportivi in Libia e Azerbaijan, catene di ristoranti in Iran e vertiporti in Cina.
Zema collabora anche con importanti aziende italiane nel settore del design industriale, tra cui Giovannetti, Runtal, Origami Furniture, Luxyde, SmartKO e iSpace2o, realizzando per loro ambientazioni e oggetti unici ed emozionali. I suoi progetti sono stati esposti in mostre internazionali e da istituzioni culturali prestigiose come il Museo del Design La Triennale di Milano, La Biennale di Venezia, Museo dell’Ara Pacis e la Farnesina Design.
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